domenica 28 novembre 2010

IL SANTO “DETTO MIMMO”


Settimane fa, la sezione locale dell’UDC ed un fantomatico comitato civico plaudivano all’atto di responsabilità dell’Assessore “Detto Mimmo” che, nello scorso consiglio comunale, aveva ritirato l’obietto della sopraelevazione delle case di sua proprietà, nel Rione Carmine.

Già d’allora, la marcia indietro dell’Assessore non convinse il Partito Democratico, sicuro che qualcos’altro bolliva in pentola.

E infatti, guardando gli obietti del prossimo Consiglio Comunale, abbiamo avuto conferma che il SANTO ASSESSORE “DETTO MIMMO” non ha affatto rinunciato al suo interesse personale. Non trovando franchi tiratori nelle opposizioni, si è dovuto inventare uno stratagemma: le sue dimissioni da consigliere ma non da Assessore.

Una mossa astuta, poiché una volta superato l’ostacolo della sua incompatibilità e incassata la complicità del nuovo consigliere, l’obietto ad personam può essere approvato senza alcun problema dalla risicata maggioranza, conservando nel contempo il potere da Assessore.

Chissà come si sentiranno i tanti elettori che alle scorse elezioni comunali, con il loro voto, riposero tanta fiducia in questa persona, certi che li avrebbe ben rappresentati al Comune!!!

In verità, l’Assessore “Detto Mimmo” non è nuovo a simili cose. Ricordate la convenzione con il Consorzio di Bonifica del Gargano?

A quanto pare la fruttuosa collaborazione, che prevede la realizzazione di piccoli lavori di manutenzione pagati con i soldi dei cittadini montanari e realizzati dai lavoratori ex ITES, avrebbe permesso all’Assessore di ottenere un bel posto al caldo nel Consiglio dei Delegati dell’Ente.

Chissà che da quella posizione sia più facile per lui preparare la campagna elettorale per le prossime elezioni provinciali!

Caro Sindaco Ciliberti, mentre la tua nave affonda, i topi scappano pensando al futuro e portando con sé tutto quello che possono!

Alla fine il bravo Capitano, consumato dai tanti ricatti dei suoi amici, resterà solo al comando di una nave destinata agli abissi.

DIMETTETI!

domenica 21 novembre 2010

“I tagli di Tremonti e il Piano di rientro ospedaliero della Regione Puglia”: al Pd incontro con l’Assessore Elena Gentile

In occasione della campagna autunnale organizzata dal Partito Democratico su tutto il territorio nazionale, anche a Monte Sant'Angelo il circolo cittadino si mobilita per preparare l'alternativa al Governo della Destra e della Lega Nord, che ha letteralmente affossato il Paese.

Dal lavoro, alla scuola, alle università, alla Giustizia, all'ambiente, alle famiglie, alle imprese, alle tasse, Berlusconi ha mentito su tutto nascondendo una crisi economica con falsi proclami, mentre il suo Ministro, Tremonti, preparava la più grossa stangata degli ultimi anni.

Ad una razionalizzazione della spesa pubblica che rimettesse in moto il sistema economico, il Governo ha scelto la strada più semplice: tagli indiscriminati in tutti i settori nevralgici per la vita dei cittadini italiani. Ed è proprio quest'ultimi, e in particolar modo i redditi più bassi, che pagheranno lo scotto maggiore; un esempio tra tutti i tagli alla scuola e alla sanità.

Meno soldi, quindi, per l'istruzione e la formazione, per i giovani e per gli studenti; meno risorse per i Comuni e le Regioni che si vedranno costretti a mettere mano nelle tasche dei cittadini o a ridurre i servizi a loro dedicati.

Anche Monte Sant'Angelo paga le conseguenze di questo modo irresponsabile di fare politica: i primi a rischiare, infatti, saranno i servizi ospedalieri per i quali la Regione ha previsto una drastica riduzione, a causa del vincolo di rientro della spesa impostogli dal Governo centrale.

Di questo e di altro si parlerà nell'incontro che il Circolo PD cittadino ha organizzato domenica mattina presso la sede locale, alla presenza dell'Assessore Regionale Elena Gentile.

Contestualmente, lungo le strade del corso, sarà organizzato un sit-in con volantinaggio e distribuzione di materiale ai cittadini montanari per spiegar loro che il voto al PD rappresenta, oggi, l'unica alternativa per scacciare Berlusconi e ripristinare, così, le regole del buon vivere democratico

sabato 20 novembre 2010

L’AMMINISTRAZIONE MANDA IN PENSIONE I NONNI VIGILI

E’ di qualche giorno fa la notizia che l’Amministrazione comunale ha interrotto il servizio dei Nonni Vigili.

Tale servizio, istituito inizialmente per sopperire alla carenza di agenti di polizia municipale nel lavoro di gestione del traffico dinanzi alle scuole del nostro paese, ha assunto una finalità sociale sempre più crescente, tanto da diventare quasi indispensabile per gli alunni e i genitori.

La loro attività vicino ai plessi scolastici (spesso anche con condizioni atmosferiche proibitive), oltre a rappresentare un importante presidio di sicurezza e di presenza istituzionale, ha fatto sì che tra i bambini e questi volenterosi cittadini si creasse un rapporto di fiducia e, perché no, anche di famigliare confidenza.

Alunni e genitori, oggi, si sentono meno sicuri e meno tutelati a causa della mancanza di queste figure che i Vigili Urbani, nonostante il loro costante impegno, non riescono a rimpiazzare; per questo, i Dirigenti Scolastici hanno già rivolto un appello al Sindaco Ciliberti affinché affronti velocemente la questione.

Anche il Partito Democratico, tralasciando per un momento la becera polemica politica, chiede all’Amministrazione comunale di rivedere questa scelta sbagliata e provvedere urgentemente a ripristinare il servizio, perché sui temi che riguardano il bene comune di tutti i cittadini, grandi e piccoli che siano, non si può continuare a ragionare seconda una logica di speculazione politica di basso profilo.

“ALFANO SI OCCUPI DELL’EMERGENZA CARCERI, NON SOLO DEGLI AFFARI DEL PREMIER”. MICHELE BORDO VISITERÀ IL PENITENZIARIO DI FOGGIA DOPO IL RECENTE SUICID


Dov’è finito il piano straordinario promesso dal Governo per porre fine all’emergenza carceri? Mentre il ministro della Giustizia si occupa degli affari privati del premier a Foggia dobbiamo registrare l’ennesimo suicidio di un detenuto che ripropone la tragica situazione degli istituti di pena: sovraffollati e con personale insufficiente”.

Annuncia una visita nella casa circondariale del capoluogo Dauno l’on. Michele Bordo (Partito Democratico) “per toccare con mano il disagio e comprendere dalla viva voce degli operatori quali sono le difficoltà da fronteggiare quotidianamente in strutture ormai inadatte a garantire dignità e sicurezza a chi è vi recluso ed a chi vi lavora”.

Il deputato del PD ha cercato più volte di attirare l’attenzione del ministro Alfano sull’emergenza vissuta nel carcere di Foggia. In due interrogazioni (una del settembre 2008, l’altra di gennaio 2009) ha denunciato “l’inadeguatezza delle strutture, al cui interno è frequente la violazione delle norme sulla sicurezza o la salubrità”; così come ha chiesto delucidazioni sugli istituti di pena costruiti in Capitanata, spendendo oltre 10 milioni di euro, e mai attivati.

Il ministro non ha mai risposto ai quesiti specifici – afferma Michele Bordo – ma, proprio agli inizi del 2009, annunciava in pompa magna l’imminente elaborazione e attuazione di un piano straordinario di edilizia carceraria, alla cui realizzazione avrebbero collaborato e partecipato finanziariamente anche le imprese. Solo annunci a mezzo stampa! Da allora la popolazione carceraria a Foggia è arrivata ad essere il doppio del previsto e mancano almeno 70 unità al personale di sorveglianza per garantire servizi adeguati ai più elevati standard di sicurezza, per se stessi ed i detenuti.

Mentre a Roma ci si attarda a discutere su come evitare l’applicazione della legge penale ai potenti, nelle carceri ci sono uomini e donne che vivono ammassati l’uno sull’altro – conclude Michele Bordo – Ennesima dimostrazione dell’incapacità di questo Governo di porre mano e risolvere i problemi concreti delle nostre comunità”.

lunedì 15 novembre 2010

Un patto per il rilancio della città

L’elezione a Sindaco di Ciliberti, con UDC e PDL che “comandano” senza averne alcuna capacità, ha prodotto nella città disordine e totale assenza di progettazione; questo perché alla politica è stato anteposto l’interesse personale ora di un consigliere ora di un assessore, senza tener conto delle esigenze e dei problemi della città e dei cittadini (emergenza disoccupazione, nuova emigrazione giovanile…). È, questa, una situazione figlia non della buona politica, ma di quella che guarda solo alla carriera personale, di chi non vede oltre la punta del proprio naso.

È ora di rimboccarsi le maniche, di rialzare lo sguardo, di lavorare perché la nostra amata città ritrovi la forza di reiniziare una strada che sembrava oramai persa; è giunta l’ora che chi ha contribuito, in bene o in male, alla storia degli ultimi trent’anni faccia un passo indietro, mettendo la propria esperienza a disposizione di un nuovo modo di intendere la politica, che curi l’interesse di tutti, non di pochi, senza mortificare e svendere la nostra terra, perché Monte sa rappresentarsi da sola; è così che i montanari potranno riprendersi il territorio per costruire il proprio futuro.

Monte ha bisogno di una nuova classe politica, fatta di donne e uomini che non hanno nulla da farsi perdonare, ma che abbiano la voglia e la forza di lavorare per la città e per la propria gente.

Questo è il progetto al quale il Partito Democratico lavora, guardando in maniera chiara non solo alle forze politiche del Centro-Sinistra, ma anche a quanti – associazioni, circoli culturali, … – prendendo nettamente le distanze dalla coalizione UDC-PDL ora in amministrazione, ritengono che una fase nuova possa e debba assolutamente iniziare.

giovedì 11 novembre 2010

ASSETTO ORGANIZZATIVO


ASSEMBLEA CONGRESSUALE DEL 22 OTTOBRE 2010

Presidente
Orlando Pasquale
Segretario
d'Arienzo Pierpaolo

Probiviri e Revisori
Carbonelli Raffaele
Guerra Michele
Rignanese Pietropaolo
Santodirocco Libero
Stuppiello Giacomo

Gruppo Consiliare
Armillotta Salvino
Palumbo Pasquale
Pettinicchio Antonio
Vergura Luigi

Coordinamento
Arciuolo Girolamo
Ciociola Antonio
Ciuffreda Domenico
Ciuffreda Michele
Di Lascia Rita
Dubbini Nerio
Fidanza Matteo
Frisoli Pietro
Gatta Nunzio
Guerra Alessio
Guerra Giuseppe
Guidato Michele
Lauriola Luigi
Manzo Francesco
Palumbo Giuseppe
Pellegrino Felice
Ricucci Matteo
Rignanese Antonio
Rignanese Generoso
Rignanese Lucrezia
Rinaldi Matteo
Santoro Leonardo
Scirpoli Felice
Totaro Angelo

Segreteria
d'Arienzo Pierpaolo
Frisoli Pietro
Guidato Michele
Manzo Francesco
Palumbo Giuseppe
Rignanese Antonio
Rignanese Generoso
Rinaldi Matteo
Scirpoli Felice

Responsabile sede
Fidanza Antonio

lunedì 8 novembre 2010

Il documento politico-programmatico del Segretario

Ecco il "piano" che il nuovo segretario del Partito Democratico di Monte Sant'Angelo ha presentato durante l'assemblea congressuale del 22 ottobre. 5 le sezioni che vi proponiamo integralmente: Premessa, Monte Sant'Angelo e il Pd locale, Il rilancio del partito, I rapporti con le altre forze politiche, Il Pd nuova alternativa di governo.

PREMESSA
Capire perché il Partito Democratico non riesca ad emergere nello scenario politico nazionale e locale è impresa alquanto complicata. Alcuni affermano che questa difficoltà sia dovuta al grave problema, non ancora risolto, dello squilibrio informativo mentre altri, i più, all'acclarata carenza di chiarezza di idee negli stessi gruppi dirigenti nonché agli effetti di divisioni politiche interne, anche di carattere generazionali.
E' possibile, tuttavia, che il motivo di questa ritardata affermazione derivi dalla natura stessa che il PD si è voluto dare.
Il PD, infatti, è un partito molto "insolito" nello scenario politico italiano. Di certo rappresenta l'unico partito di stampo "europeo", fondato non su una semplice adesione ad una ideologia ma, bensì, sull'adesione a principi generali, su una leadership legittimata dal voto democratico dei militanti, sulla dialettica interna come valore statutario. Questi caratteri rendono il PD un partito "eccentrico" ed "unico" rispetto al resto dei soggetti politici, caratterizzati invece dall'avere una natura "ideologica" o "carismatica".
Durante la Prima Repubblica, i maggiori partiti (DC e PC) hanno visto il loro consenso basarsi sull'appartenenza ideologica dei militanti, mentre con l'avvento della Seconda Repubblica si sono diffusi i partiti a modello carismatico. Il PDL berlusconiano (e Forza Italia prima) rappresenta l'esempio più emblematico di modello carismatico di partito, anche se esistono altri soggetti minori che si ispirano allo stesso prototipo (l'Idv di Di Pietro, l'UDC di Casini, la Sel di Vendola ma anche il movimento di Fini e quello di Grillo).
In questi casi, il partito si identifica completamente con il leader, trovando in esso e per esso la sua unità. La comunicazione del leader è la sola accettata ed autorizzata, mentre il resto dei dirigenti si limitano semplicemente a fungere da cassa di risonanza della linea dettata dall'esponente di punta. Il dissenso, anche se democratico, nei fatti non è ammesso (pur essendo previsto nei documenti statutari), tanto è vero che il dissidio sulla linea politica viene subito interpretato come atto di tradimento e sintomo di congiura per scalzare il leader.
Esempi di "partito ideologico" in Italia, invece, ce ne sono pochi: uno di questi è la Lega Nord al cui carattere dottrinale, tuttavia, si aggiunge l'elemento carismatico della leadership di Umberto Bossi.
I partiti carismatici ed ideologici, sebbene possano contare su tutti i vantaggi di una comunicazione immediata, poiché non devono passare attraverso mediazioni, critiche dal basso, lotte intestine, soffrono di un grande limite strutturale: scomparso il leader, diminuito il collante ideologico e/o di interessi governativi, l'intero organismo è a rischio di estinzione.
Il PD, invece, è un partito che non può essere ricondotto a nessuno dei modelli precitati e, pertanto, non può eclissarsi o scomparire al venir meno di un singolo uomo.
E' un partito diverso perché diversa è la sua natura costitutiva: la scelta del leader attraverso un processo democratico come le primarie e il fatto che il ruolo di segretario sia contendibile sottrae carisma allo stesso; inoltre, i militanti hanno un ruolo predominante e ciò rende complicato trattarli come una semplice "macchina di propaganda". Per questo il PD rappresenta un modello di partito che nella maggior parte delle Democrazie europee risulta vincente, mentre in Italia rappresenta ancora una esperienza di difficile affermazione.
Questa sua natura, tuttavia, lo rende inadatto ai canonici strumenti politici oggi adottati.
Il modello prevalente di comunicazione in Italia è quello secondo cui il leader parla e traccia la linea politica e gli elettori militanti assorbono. Il Pd, invece, possiede una pluralità di voci a livello dirigenziale, una base di partito molto critica ed una linea politica derivante da una mediazione tra varie sensibilità. Tutto ciò ne indebolisce la capacità di mandare all'esterno un messaggio forte ed univoco, accusa mossagli principalmente dai propri simpatizzanti che, invece, sono più affascinati dall'efficacia comunicativa dei modelli alternativi.
Ma, a differenza degli altri partiti, il PD sembra avere maggiori chance di sopravvivenza e di consolidamento del consenso. E questo pensiero dovrebbe essere appreso innanzitutto dai propri iscritti.
E' un modo nuovo di militare quello proposto dal PD, basato sul fatto che non si tratta più di aspettare una "linea" e di diffonderla con feste e volantini; non si tratta nemmeno di andare ogni tanto a votare per le primarie. Un partito dialettico implica che ognuno dei suoi aderenti o simpatizzanti si "faccia partito", nei luoghi di lavoro, nelle associazioni, nelle relazioni sociali, senza attendere che qualcuno gli dica cosa fare, ma prendendo l'iniziativa agendo in prima persona ed accollandosi in pieno la responsabilità politica del proprio agire, aiutando a costruire una società più giusta a partire dal quotidiano. Non militanti, quindi, ma tutti dirigenti politici, tutti in grado di dettare una linea politica nel proprio ambito d'azione. In questo modo, la voce del leader PD diventerà la sintesi di tante voci che parlano nella società italiana. E suonerà molto più forte e viva (Wooster B., 2010).
MONTE SANT'ANGELO E IL PD LOCALE.
Lo scenario politico a Monte Sant'Angelo, presenta un quadro non molto chiaro e con contorni poco delineati, rispecchiando le diverse criticità che ritroviamo anche a livello nazionale.
L'amministrazione attualmente in carica proviene da un esperimento aggregativo che, partito da una lista civica, ha assunto una caratterizzazione via via sempre più politica.
Attualmente il primo cittadino può contare su una maggioranza risicata, costituita da 11 consiglieri riconducibili a due partiti, l'UDC e il PDL, supportati da una "variabile indipendente".
Ancor prima della vittoria, tuttavia, l'aggregazione elettorale che andava sotto il nome di "Uniti per Monte" presentava già i primi limiti, a causa della sua natura costitutiva basata non su un progetto politico ma su un semplice "patto tra uomini", provenienti tra l'altro da esperienze e culture politiche differenti e completamente in antitesi tra loro. La carenza di esperienza politica e amministrativa da parte del Sindaco, poi, ha fatto il resto.
Oggi Monte Sant'Angelo si ritrova ad essere governata da una maggioranza che sembra non riuscire a realizzare nessuna nuova iniziativa, limitandosi semplicemente ad amministrare la cosa pubblica in via del tutto ordinaria. Questa paralisi, se da un lato protegge il paese da scelte scellerate ed irreversibili, provoca un ulteriore impoverimento nella comunità, in termini sociali, economici e demografici.
Una comunità, quella montanara, del tutto rassegnata e lontana anni luce dalla vita politica, diffidente nei confronti di qualsivoglia nuova esperienza. Questo è l'ostacolo principale con cui deve fare i conti il Partito Democratico e tutto il resto del centro-sinistra montanaro.
All'opposizione da circa un decennio, con una breve parentesi non condivisa a pieno da tutti, il centro-sinistra deve confrontarsi con un proprio elettorato disaffezionato, sfiduciato e ormai stanco di divisioni interne, eccessivi protagonismi e linee politiche poco comprensibili. Un elettorato che, nonostante tutto, rappresenta ancora la maggioranza nel paese (come dimostrato nell'ultima competizione regionale), che è lì che attende di ricevere l'offerta politica migliore da poter condividere con entusiasmo, non limitandosi solamente ad orientarsi (come accaduto negli ultimi anni) sul "meno peggio".
Sarà in grado il centro-sinistra e il Partito Democratico di assolvere a questo importante compito?
"Uniti per Monte" è riuscito, anche se per poco tempo, ad accendere la speranza all'interno di quel segmento di elettorato non condizionabile, definito dai più come "voto di opinione". Un tipo di voto, quest'ultimo, che sembra non essere legato aprioristicamente a nessuno schieramento politico, ma tendenzialmente di centro-sinistra. Un voto che negli ultimi anni ha determinato la vittoria di Nigri e poi di Ciliberti, ma che ha subito preso le distanze dalle rispettive esperienze, a causa della sua spiccata capacità di capire e subodorare i "falsi profeti".
La difficile situazione del centro-sinistra va di pari passo, ma forse ad essa è riconducibile, con una crisi di identità e di finalizzazione dell'azione politica, che caratterizza il Partito Democratico.
Alle primarie del 14 ottobre 2007, il PD era riuscito a suscitare un forte interesse grazie alle innovative modalità di costituzione e al grande messaggio di apertura lanciato. L'ingresso di tanti giovani e di tante energie provenienti dalla società civile aveva generato aspettative molto positive sul percorso di affermazione dello stesso.
Poi, a causa di modalità vecchie e superate di concepire la politica, di personalismi e interessi sterili finalizzati solo all'occupazione dei posti di comando, della poca esperienza del gruppo giovanile incapace di fare squadra e della difesa di rendite di potere di alcuni, si è verificato il calo di quella forza propulsiva iniziale.
Oggi il PD di Monte Sant'Angelo, nonostante le tante vicissitudini, possiede tutte le carte in regola per poter diventare valida alternativa di governo: è dotato di idee, proposte e risorse umane di grande valore che risultano ancora inespresse, ma che i più attenti elettori hanno già percepito.
Così come accade a livello nazionale, anche il locale circolo soffre di una difficoltà di sintesi politica, dovuta principalmente alla natura molto eterogenea delle singole sensibilità che lo compongono. Esperienze diverse, in epoche passate addirittura in conflitto tra loro, rappresentano il limite per cui ogni decisione, dalla più importante alla più banale (come la stesura di un testo pubblico da affiggere fuori la sezione), deve essere digerita lentamente, attraverso macchinosi passaggi. Tutto ciò consente di partorire una linea condivisa e conosciuta da tutti, ma con il grande limite della tempistica che si traduce con il fatto di essere l'ultimo partito locale ad esprimersi sulle vicende, dando così l'impressione di essere sempre "a ruota" degli altri.
La capacità di adottare in tempi rapidi anche decisioni politiche difficili e la velocità di esportarle, condividendole velocemente con l'elettorato, sono sintomi il più delle volte di autorevolezza, compattezza e dominio della scena politica.
Tutto questo, al momento, manca al PD di Monte Sant'Angelo.
IL RILANCIO DEL PARTITO
Come già accennato in precedenza, il PD non è né un partito "carismatico" né un partito "ideologico". La differenza con le altre realtà politiche si accentua, ancor più, quando si passa dal livello nazionale a quello locale.
A Monte Sant'Angelo non esistono ad oggi, sia nel centro-destra che nel centro-sinistra, soggetti politici che abbiano le stesse caratteristiche del PD ma, soprattutto, egual numero di militanti che partecipano così attivamente alla vita interna.
La tipologia più diffusa è quella del partito autoreferenziale, basato cioè sulla presenza di un singolo soggetto con un certo "bagaglio" di voti, coadiuvato da un gruppetto di persone (più o meno abbondante) che lo sostengono.
Partiti con una certa consistenza numerica sono riconducibili all'Italia dei Valori e al Popolo delle Libertà, mentre è chiaro che l'Unione di Centro al momento (sebbene abbia diversi rappresentanti in Consiglio e nella Giunta Comunale) è ridotto ad una semplice aggregazione di facciata.
Nonostante le innumerevoli condizioni favorevoli, il Partito Democratico di Monte Sant'Angelo stenta ad affermarsi come soggetto politico con una certa autorevolezza ed efficacia e, quindi, occorre approntare un ragionamento piuttosto complicato, per capire come riconquistare e potenziare il consenso all'interno della città.
Il primo problema da risolvere è la mancanza di coesione interna.
Un gruppo dirigente poco compatto lancia un messaggio negativo all'esterno, per cui nessuno lo reputa credibile e degno di essere ascoltato e seguito. Occorre, quindi, che i soggetti deputati al governo del partito si vestano del ruolo di coordinatori, e non di padroni, facendo dell'umiltà e della capacità di ascolto i punti cardini del proprio operato.
Credere di aver sempre ragione e comportarsi in modo arrogante, senza cercare continuamente la condivisione e l'appoggio del partito e degli altri, è il più grave errore che si possa commettere.
Partecipazione, condivisione, capacità di coinvolgimento, responsabilizzazione e coesione del gruppo sono gli obiettivi che ogni singolo dirigente deve perseguire, con continuità.
Esistono persone all'interno del partito che possiedono competenze ed esperienza di notevole valore; valorizzare questi soggetti significa coinvolgerli nel processo di costruzione del partito e della linea politica, con un occhio però rivolto al mondo esterno e alla società civile, da cui possono giungere ulteriori risorse "fresche" da coinvolgere. Nuovi ingressi, costituiti da giovani, donne e uomini che devono sentirsi inclusi e non esclusi, coinvolti e valorizzati e non semplici numeri da piazzare all'interno di un organismo direttivo.
Il secondo nodo da affrontare è l'efficacia dell'azione esterna.
Molto spesso il Partito Democratico è accusato di essere assente sulle principali tematiche locali, dando così adito a retro pensieri che lo vedrebbero coinvolto in tacite alleanze con l'attuale maggioranza.
Tralasciando gli aspetti legati alle fantasie popolari, il vero problema del partito è la mancanza di dialogo con il proprio elettorato e il resto dei cittadini. E come se, usando una metafora, il PD trasmettesse il proprio pensiero su onde radio a bassa frequenza, mentre il resto del paese risultasse sintonizzato sulle medie ed alte frequenze. Il messaggio lanciato non viene ascoltato né percepito dagli uditori e quindi continua ad essere la "voce di uno che grida nel deserto".
Occorre, quindi, uscire fuori dalla sezione e cominciare a riprendere quell'azione politica che ha sempre caratterizzato i partiti popolari. Occorre che il Partito Democratico risintonizzi il proprio messaggio e il proprio ascolto sulle onde radio frequentate dai cittadini; solo così può sperare di riguadagnare autorevolezza.
Ma in che modo si può realizzare una simile cosa?
Attraverso la ripresa dell'iniziativa politica.
Incontri, dibattiti, seminari, attività di ricerca e formazione, contatti continui con chi, pur stando fuori del paese, manifesta il proprio interesse alle problematiche cittadine sono la chiave per poter sbloccare il meccanismo perverso che si è instaurato; parlare alla città e ai propri abitanti dei loro problemi; farli sentire coinvolti e attori principali di un processo politico altamente partecipativo. Non vergognarsi di interrogare le persone sui propri bisogni e mettersi all'ascolto di chiunque voglia condividere con il partito i propri timori. La sezione deve diventare il punto di riferimento dei cittadini, il luogo in cui palesare le proprio idee, i propri pensieri, le difficoltà personali con la consapevolezza di essere ascoltati e, soprattutto e se possibile, di poter ricevere una risposta: il problema del singolo deve diventare il problema del partito.
In poche parole il Partito Democratico deve spostare il protagonismo politico cittadino dai singoli uomini, che agiscono per lo più in chiave clientelare, ai soggetti politici collettivi.
Quanto più convincente ed incisiva è quest'azione di radicamento del partito, quanto più si parlerà alla gente con chiarezza ed efficacia comunicativa, tanto più consenso si potrà sperare di raccogliere.
I RAPPORTI CON LE ALTRE FORZE POLITICHE
Ad un'azione finalizzata al radicamento del partito nella società montanara, si deve affiancare parallelamente la ripresa di un dialogo con le altre forze politiche cittadine.
Il quadro politico nazionale tarda a delinearsi, per cui il PD di Bersani al momento sembra diviso sulla scelta se rivolgersi al mondo cattolico-moderato di centro o se tirarsi dentro il mondo della sinistra, definita più radicale. Un passo importante il segretario nazionale lo ha già fatto, proponendo le primarie ed incassando così la disponibilità al dialogo da parte di Sinistra, Ecolgia e Libertà, che fa capo al Presidente Nichi Vendola.
Le difficoltà registrate in ambito nazionale, sembrano accentuarsi ulteriormente a livello locale, dove la situazione politica è leggermente più complicata.
Il PD rappresenta attualmente il partito più consistente, anche numericamente, del centro-sinistra montanaro. Questo fatto, se da un lato lo pone su un piano di relativa tranquillità, lo rende il soggetto politico a cui compete la responsabilità e l'onere di ricompattare una coalizione disgregata e priva di una visione comune; partendo, tuttavia, da un assunto di base che, alle attuali condizioni, il PD non è autosufficiente e, quindi, non è in grado di poter vincere le prossime elezioni amministrative.
Come già accennato in precedenza, l'amministrazione comunale risulta costituita attualmente da esponenti riconducibili all'UDC e al PDL, con l'appoggio di qualche soggetto che si definisce "indipendente".
Questo tipo di assetto politico, naturalmente, già limita abbastanza le possibilità di dialogo tra il PD e l'Unione di Centro. Spiegare ai cittadini un'alleanza tra PD ed UDC, oggigiorno, diventerebbe assai complicato e si rischierebbe di lanciare un messaggio poco chiaro e, soprattutto, pericoloso anche per la stabilità interna del partito. Tuttavia, ciò non significa che il Partito Democratico non debba guardare al centro. Occorre, anzi, almeno fino a quando gli assetti resteranno tali, muoversi con convinzione ma nello stesso tempo accelerare il processo politico finalizzato alla conquista di quell'elettorato cattolico-moderato che, oggi, si sente tradito da Ciliberti e dalla sua precaria amministrazione e che è in attesa di scegliere su chi investire alle prossime elezioni comunali.
Parlare, quindi, al mondo delle parrocchie, dei moderati e di tutti quegli uomini che possiedono una tradizione politica di centro. Tutto questo è possibile e risulterebbe alquanto facile a realizzarsi poiché il PD, proprio per la sua natura costitutiva, racchiude al suo interno anime riconducibili al mondo di centro, che possono rappresentare il ponte per queste nuove aperture politiche.
Esiste, poi, a sinistra un mondo che, uscito a pezzi e demoralizzato dall'esperienza negativa di "Uniti per Monte", non può certamente essere lasciato scoperto e in balia degli avvenimenti. Occorre, sin da subito, riattivare i canali del dialogo con questi esponenti che si rifanno non solo a soggetti politici come Sinistra Ecologia e Libertà, Socialisti o Federazione delle Sinistre, ma anche a culture ed esperienze pregresse di militanza diverse, sempre nell'ambito della sinistra.
Un mondo che, come confermato dai vari segnali sparsi un po' ovunque, ha ancora tanto da dire e che potrebbe rappresentare il valore aggiunto grazie al quale ottenere una vittoria elettorale a livello locale, ma anche nazionale.
Esiste, infine, un mondo collegato alle associazioni e alla società civile a cui i più tendono, ma che nessuno realmente riesce a coinvolgere.
Un mondo difficile poiché fatto di tante sfaccettature. Un segmento di società che, tuttavia, va coinvolto per la sua capacità intrinseca di penetrare all'interno dell'opinione pubblica, attraverso un duro e costante lavoro.
A questo mondo il PD deve guardare con particolare interesse, perché rappresenta quella parte di elettorato che costituisce l'essenza stessa del partito.
L'apertura alle associazioni e alla società civile deve avvenire, tuttavia, tenendo conto che spesso questi contesti potrebbero celare proposte che, quando sono state accettate tal quali, sono risultate perdenti o poco produttive. È l'esempio di tanti soggetti "pescati" dalla società civile che, per la loro immagine e per la loro professionalità, sono stati scelti come rappresentanti del popolo e che hanno presentato, sin da subito, tutti i limiti della mancanza di esperienza, competenza e condivisione politica.
Ciò ovviamente non significa chiudere le porte a coloro che provengono da questo mondo; la scelta dei rappresentanti, però, deve avvenire in modo oculato e soprattutto con il contributo dei soggetti politici coinvolti.
Il tema dei rapporti con le altre forze politiche è importante non solo ai fini della costituzione di una probabile coalizione di governo, ma perché rappresenta il momento di sintesi politica più alto, grazie al quale si partoriscono i nomi dei rappresentanti istituzionali.
Partire con la proposizione di un'autocandidatura, preclude ogni margine di manovra per raggiungere l'unità. Definire il candidato Sindaco e i candidati consiglieri comunali senza aver prima costruito la base di condivisione di un progetto politico, che deve caratterizzare il successivo operato dell'amministrazione, significa fare un errore strategico, che quando commesso ha portato al fallimento del governo della città e a ripercussioni durature e negative sul consenso ai partiti coinvolti.
Pertanto, è auspicabile l'attuazione di un percorso che parta da un progetto politico, che diventi anche programma elettorale su cui chiedere la fiducia ai cittadini e programma di governo su cui basare la propria azione amministrativa, e termini con la scelta dei nomi di coloro che dovranno tradurre in azioni la strada tracciata.
Così facendo, anche il metodo di selezione del "Primo Uomo", attraverso l'istituto delle primarie (tanto caro al PD) o all'individuazione diretta da parte della coalizione, diventa ininfluente e soprattutto scevro da qualsiasi condizionamento e strumentalizzazione, passando in secondo piano ed assumendo un significato più propagandistico, anziché delineandosi come momento di vera scelta o di probabile divisione.
IL PD, NUOVA ALTERNATIVA DI GOVERNO
Il Congresso rappresenta un momento importante e delicato della vita di un partito politico, durante il quale viene tracciata la rotta che si intende seguire per raggiungere l'obiettivo prefissatosi.
E' fuori dubbio ormai che a Monte Sant'Angelo si stia assistendo alla fase terminale di un processo politico che ha visto l'affievolirsi, via via sempre più consistente, del consenso nei confronti dei partiti di centro-sinitra, relegati al ruolo di opposizione da ormai qualche anno.
Pensare, però, di risolvere questa crisi attraverso il semplice cambio di uomini alla guida dei partiti, risulta alquanto riduttivo e fuorviante.
Non ci può essere, infatti, rinnovamento senza una drastica innovazione del modo di fare ed intendere la politica. Le divisioni generazionali, gli scontri tra il vecchio e il nuovo o la sterile sostituzione di nomi non può portare a niente di buono, se il cambiamento non viene vissuto come momento di crescita collettivo. Non una rottamazione del vecchio, quindi, ma un passaggio naturale e fisiologico da una condizione ormai satura ad una condizione più dinamica ed entusiasmante, coerente con il messaggio che si vuole proporre. Il tutto partendo da ciò che di buono è stato fatto nel passato e con il contributo di chi ne è stato l'artefice; ma nello stesso tempo prendendo coscienza degli eventuali errori commessi, al fine di migliorare la propria azione ed evitare il ripetersi di scelte sbagliate.
Nessuna nuova alternativa di governo, tuttavia, può essere costruita senza aver ben chiaro in mente ciò che si vuole realizzare.
L'analisi dello stato di fatto di un paese ormai impoverito socialmente, politicamente ed economicamente, costituisce il primo passo da compiere nella stesura di un nuovo progetto di governo. Conoscere la realtà che ci circonda, le dinamiche sociali ed economiche interne consente di tastare il polso alla comunità che ci si appresta a rappresentare, per capirne i bisogni, le aspettative e, perché no, i sogni.
Occorre, pertanto, lavorare per la stesura di un progetto che dia l'indicazione di "Un'idea di città", a cui il PD sta già lavorando. Un progetto che sia patrimonio di tutti gli iscritti, ma che abbia l'ambizione di diventare patrimonio comune di un'intera coalizione e, quindi, della città.
Un programma che dia nuove indicazioni sul tipo di sviluppo che si vuole dare al paese, progettando il futuro a partire dall'esistente: un entroterra ricco di risorse, con una elevata capacità produttiva multiforme; una zona industriale già infrastrutturata e quindi competitiva, capace di attrarre ancora investimenti esterni; una zona pianeggiante dalla spiccata vocazione agricola e commerciale; un centro abitato disgregato, dal punto di vista urbanistico e sociale, ma costruito sul vero cuore pulsante dell'economia urbana, il Santuario e il centro storico; un patrimonio culturale e architettonico che non aspetta altro che essere valorizzato e condiviso con il resto del mondo; un patrimonio naturale e ambientale, meta di tanti turisti e studiosi.
C'è bisogno, pertanto, di rimboccarsi le maniche per aspirare ad avere giorni migliori (parafrasando lo slogan nazionale).
Occorre avviare una seria discussione sulla pianificazione urbanistica del territorio (PUG), dalla quale dipende parte dello sviluppo economico e sociale della nostra comunità, pensando al paese come parte integrante di un sistema comprensoriale che, dal Gargano e passando per la provincia, raggiunga i confini regionali e nazionali; ripensare ad un modello innovativo di assistenza al cittadino, ponendo quest'ultimo al centro dell'attenzione dell'attività amministrativa del comune, in termini di offerta dei servizi e di aumento della qualità della vita; rivedere le pratiche di governance, da un lato costruendo un rapporto nuovo tra il cittadino e l'istituzione basato sulla trasparenza, l'efficacia e la semplificazione amministrativa e dall'altro riattivando una collaborazione tra comune e altre istituzioni e agenzie di sviluppo territoriali; è necessario investire sulle competenze e sulle capacità del mondo del lavoro locale, mediante un nuovo modo di intendere l'istruzione e la formazione, per non farsi trovare impreparati di fronte alle nuove opportunità di lavoro che si affacceranno; aumentare la competitività del territorio per attrarre nuovi e più consistenti investimenti.
Tuttavia, per risollevare le sorti del nostro paese non basta un semplice programma elettorale. Occorre che gli uomini, chiamati a tradurre in azioni amministrative le cose in esso contenute, credano fermamente nell'importanza del ruolo che ricoprono e si donino, gratuitamente e liberi da ambizioni personali, alla realizzazione di questo progetto.
Il nostro è un paese che ha la necessità di vivere una nuova primavera, una fase che da molti viene reclamata con forza, con il ricordo rivolto alle esperienze passate e con il pensiero proiettato a stagioni migliori. Un paese che negli ultimi anni, a causa anche di fattori che vanno ben oltre le responsabilità locali, ha visto ridurre il proprio prestigio e saltare alla notorietà, solo per fatti legati alla cronaca nera.
E' arrivato il momento di osare, di scommettere puntando sulle nuove generazioni e su chi ha a cuore il nostro paese, mettendo da parte le preoccupazioni di un precoce fallimento o, come qualche volta accade, i propri interessi personali.
E'necessario ridare fiducia ai cittadini e riaccenderne le coscienze ormai assopite; occorre infiammare gli animi degli iscritti e quelli degli elettori, perché da essi possa partire il riscatto del partito e dell'intero centro-sinistra montanaro.